L’OCCHIO NEL SURREALISMO
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Oggi torniamo con la rubrica “Inspired”, dedicata al movimento del Surrealismo, ma ad un aspetto particolare di quest’ultimo: l’occhio.
L’occhio è stato molto frequentemente rappresentato dagli artisti surrealisti, il primo fu Salvador Dalì, ma non fu l’unico ad esserne affascinato; anche Magritte ne fece un uso quasi spasmodico nelle sue opere.
In Dalì troviamo l’occhio riprodotto ossessivamente in quasi tutte le sue opere e in qualunque forma, nei dipinti con i celebri “la persistenza della memoria” e “il grande masturbatore”, nei suoi gioielli, nella sua video arte con il cortometraggio “un cane andaluso” e nelle scenografie teatrali come il “Tristan Fou”.
Allo stesso modo Ksenia Yarosh, usa l’occhio come fulcro delle sue opere, creando una serie di soggetti celebri della storia dell’arte con grandi occhi al posto dei loro volti.
Andiamo ad approfondire i simboli che si celano dietro all’uso di questo elemento e che potranno chiarire il perché di così tanta attrazione.
L’occhio è per Dalì un strumento rivelatore, una finestra sulle cose invisibili, un accesso alla dimensione surreale. Attraverso l’osservazione l’uomo è in grado di decifrare immagini nascoste, le così dette doppie immagini, usate anche nello studio del subconscio.
Ad una prima occhiata ciò che ci sta intorno ci appare con una determinata forma, ma ad una più attenta analisi possiamo ritrovare nella realtà degli elementi diversi, completamente inaspettati.
L’occhio è quindi uno svelatore di contenuti, immagini e oggetti nuovi, che molto spesso sono poi l’essenza delle cose, perché va nella profondità e ne restituisce un messaggio autentico.
Insieme a questa potenza rivelatrice, l’occhio ha poi in se una forza di attrazione, alla presenza di uno sguardo, sia esso dipinto, fotografato o reale è difficile potersene sottrarre.
Anche in Ksenia Yarosh l’occhio ha una forte valenza attrattiva, è il fulcro dell’opera e in esso si concentra l’attenzione dello spettatore.
Nella serie “Eye on art”, l’artista vuole sottolineare come da un dettaglio, ciò che è per noi una semplice immagine iconica, viene istantaneamente riconosciuta.
Nella cultura attuale siamo abituati a svuotare le immagini, che diventano solo dei simulacri di loro stesse perdendo ogni forma umana. Le icone vengono depersonalizzate, l’occhio in questo caso ha lo scopo di ridare loro anima, di svelare, appunto, un contenuto che è stato perso, rivelandone la profondità, proprio come fanno Dalì e tutti gli artisti surrealisti.
Lo sguardo è qualcosa che parla alle coscienze, che tocca elementi nascosti, celati e dimenticati è quindi una forza dirompente e narratrice di dimensioni oniriche, che più si avvicinano alla dimensione del sogno, ma che proprio per questo sono più autentiche della realtà.
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